13/05/17

Valutazione del rischio stress-lavoro correlato: non sottovalutare la sua importanza

Dr. Isacco Cannas Ing. Andrea Rattacaso  - Versione 1.0 ?

La crisi economica è il riflesso di un’epoca in cui assistiamo a continui e profondi cambiamenti. Questo scenario determina inevitabilmente un profondo senso di incertezza continua e, messi continuamente a dura prova, diventiamo facili prede di patologie legate allo stress.


Chiunque può vantare un minimo di esperienza di sicurezza dei lavoratori sa bene che un datore di lavoro ha il dovere di valutare tutti i rischi presenti nella sua azienda (art. 17 DLgs 81/2008).

Purtroppo però, come spesso accade nella vita privata, anche in ambito professionale finiamo per dare priorità alla prevenzione dei danni fisici piuttosto che a quelli psicologici e sociali.

Molti datori di lavoro (che da ora chiamerò DdL) hanno la convinzione che un dipendente con una gamba rotta meriti una maggiore attenzione rispetto ad un dipendente stressato; le statistiche però dicono il contrario, soprattutto dal punto di vista del benessere organizzativo di un'azienda.


Hans-Horst Konkolewsky, ex direttore EU-OSHA, ora segretario generale dell’International Social Security Association (ISSA), nel 2002 dichiarò:
Nell’UE, lo stress legato all’attività lavorativa è il secondo problema di salute più diffuso sul posto di lavoro, dopo il mal di schiena, che colpisce quasi un terzo dei lavoratori dell’UE con un costo annuale di almeno 20 miliardi di euro
FONTE: European Agency for Safety and Health at Work, 2002

Nel 2013 il report finale del progetto Matrix finanziato dall’UE ha stimato che il costo complessivo della depressione associata a stress sul lavoro ammonta a 620 miliardi di euro/anno.
Le maggiori perdite sono dovute a:

  • assenteismo e presenteismo: 270 miliardi l’anno;
  • perdita di produzione: 240 miliardi;
  • costi per i trattamenti nel sistema sanitario: 60 miliardi;
  • prestazioni del sistema sociale alle invalidità: 40 miliardi.

Fonte: ec.europa.eu

E si parla solo di depressione! Considerando la grande varietà di patologie psichiche, fisiche e sociali, le stime sarebbero ancora più disastrose.

Se diamo uno sguardo in Italia invece, dai dati reperibili negli ultimi 10 anni (fonte: INSIC.IT) vi sono circa 500 casi riconosciuti dall'INAIL per stress collegato al lavoro su 4000 denunce presentate.
Fino ad ora l'INAIL ha riconosciuto il 12,5% delle denunce per stress-lavoro correlato (SLC)
Indennizzati nella seguente percentuale:

 Fonte: Redazione Banca Dati Sicuromnia

Nonostante le patologie SLC non siano malattie facilmente risarcibili, lo studio dice che l'INAIL in questi anni ha comunque rilasciato degli indennizzi ai lavoratori, andando poi a rifarsi sul datore di lavoro che non ha effettuato una corretta valutazione dei rischi.

E, come se non bastasse, alla rivalsa dell’INAIL vanno aggiunte la perdita di produttività e di profitti e tutti effetti già citati nello studio Matrix.

Ma quali sono i vantaggi ottenibili con una corretta valutazione dello stress lavoro-correlato? 





Il Testo Unico della Sicurezza sul lavoro dice chiaramente che il DdL "deve effettuare una valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza".
Il datore di lavoro DEVE effettuare una valutazione DOCUMENTATA di TUTTI I RISCHI presenti nella sua azienda.
E tra tutti i rischi, vi è ovviamente la valutazione del rischio SLC (art.28, comma 1, D.lgs 81/2008).

Lo SLC è definito come una "condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali, che scaturisce dalla sensazione di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all'altezza delle aspettative" (Accordo Europeo 8 ottobre 2004).

Lo stress in sé non è un male: esso non sarebbe altro che una reazione di adattamento dell’organismo alle pressioni ambientali (biologiche, psicologiche e/o sociali; piacevoli o spiacevoli) (cfr Hans Selye).

Se l’intensità e la durata dello stimolo (stressor) sono brevi e adeguate alla capacità di reazione e fronteggiamento (coping) dell’individuo, possiamo avere una risposta positiva dell’organismo (eustress), il quale vedrebbe affinate molte funzioni psichiche e di conseguenza riuscirebbe più agevolmente a raggiungere un obiettivo.

Nonostante però una giusta dose di stress sia ottimale per superare le situazioni complesse della nostra vita, un'esposizione prolungata a condizioni di lavoro stressanti porterà ad esaurire e a logorare l’organismo e la psiche, finendo in patologie che colpiranno il fisico, la mente e le relazioni sociali dei lavoratori (con la famiglia e/o con i propri colleghi).



Come la salute mentale e quella fisica del singolo sono interdipendenti, così lo sono anche la salute del lavoratore e la salute dell’azienda, la quale subirà gli effetti negativi generati dalla somma di tutti i disagi vissuti dai singoli lavoratori.

Occorre quindi fare attenzione a tutti quegli “stressor” che sono legati al lavoro. Questi possono derivare da:


  • il contenuto (dal latino CON-TINERE, tenere insieme) ossia tutti quegli elementi che possono caratterizzare e descrivere un lavoro. Nello specifico si considera: 
    • l'ambiente di lavoro e attrezzature
    • la pianificazione dei compiti
    • il carico di lavoro – ritmo di lavoro
    • l'orario di lavoro
  • il contesto, che ha la stessa radice latina del contenuto ma nel linguaggio comune si definisce come “l’insieme di circostanze in cui si verifica un atto comunicativo” (Enciclopedia Treccani). Nell’ambito lavorativo il contesto è articolato in:
    • funzione e cultura organizzativa
    • ruoli nell’ambito dell’organizzazione
    • evoluzione della carriera
    • autonomia decisionale, controllo del lavoro
    • rapporti interpersonali sul lavoro
    • interfaccia casa/lavoro, conciliazione vita/lavoro
Come già detto, la valutazione del rischio SLC la deve fare il DdL collaborando con tutti gli addetti ai lavori, compresi il responsabile del servizio di prevenzione e protezione RSPP, il Medico competente e il responsabile dei lavoratori per la sicurezza RLS.

E qualora la valutazione richiedesse delle competenze specifiche, il DdL potrà avvalersi di uno psicologo del lavoro.

Nella pratica il DdL, insieme al suo RSPP, inizia a fare una valutazione preliminare del rischio da SLC mediante check list, indicatori oggettivi riferiti ai “contenuti” e al “contesto” del lavoro citati in precedenza e ad eventi sentinella che segnalano la presenza di stress organizzativo (infortuni, assenze per malattia, ferie non godute, turnover, procedimenti/sanzioni disciplinari, ecc…).

La valutazione del rischio SLC può prevedere la partecipazione di tutti i lavoratori o per lo meno “un campione rappresentativo” se si tratta di aziende di grandi dimensioni (indicazioni della Commissione Consultiva Permanente, 18/11/2010). Ciò potrebbe rappresentare una occasione importante sia per mostrare interesse ed attenzione al benessere di tutti i lavoratori sia per sensibilizzare e responsabilizzare gli stessi sulla problematica dello SLC.

Tale occasione diventa più marcata durante l’eventuale valutazione approfondita, maggiormente tesa verso un’analisi più soggettiva, quindi più sensibile verso i disagi dei singoli lavoratori.

Quest’ultima diventa necessaria, qualora le misure adottate per risolvere eventuali criticità rilevate nella valutazione preliminare siano state inefficaci.


La valutazione approfondita può essere un vero e proprio trampolino di lancio per mettere “al centro” il lavoratore, senza sorta di discriminazioni, soprattutto se il DdL si avvarrà di uno psicologo abile nello sfruttare i mezzi e le competenze del mestiere come, ad esempio:

  • la professionalità, intesa sia come competenza certificata da un Ordine sia come “imparzialità” e sensibilità;
  • la tendenza ad incentivare il benessere e la salute;
  • la capacità di contestualizzare;
  • la capacità di gestione dei processi;
  • la capacità di gestire le relazioni
  • la capacità di ascolto;
  • l'uso sapiente dei vari strumenti di intervento (focus group, interviste semi-strutturate, questionari, ecc…);

Oltre ai vantaggi già citati si aggiungerà una maggiore coscienza nei lavoratori coinvolti e la consapevolezza di poter incidere su un ambiente di cui ci si sentirà sempre più parte.

In conclusione, anche se non sempre è semplice riuscire a guarire il malessere organizzativo di un’azienda, se si riescono ad adottare efficaci misure di prevenzione, i vantaggi possono essere molteplici e condivisi:

Con tutta sincerità si può dire che con uno sforzo di questo tipo potrai raccogliere i frutti nel medio-lungo termine; quando tra un po’ di anni ti accorgerai di avere un’azienda solida, forte e capace di raggiungere gli obbiettivi che ti poni, allora non ti pentirai di aver investito nel benessere della tua organizzazione.

FONTI:

  • Argentero P. “Una proposta di approccio obiettivo alla valutazione del rischio stress: il metodo “Objective Stress Factors Analysis” (OSFA)”, in “Risorsa Uomo”, Vol.16, n.2, 2011
  • INAIL, “Valutazione e Gestione del rischio da Stress Lavoro-Correlato; manuale ad uso delle aziende in attuazione del D.lgs 81/08 e s.m.i.”, 2011
  • Indicazioni per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato della “Commissione Consultiva permanente per la salute e la sicurezza del lavoro”, emanate il 17/11/2010 (Comunicato del Ministero del Lavoro in G.U. n.304 del 30/12/2010)



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